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10/04 “L’apocalisse di Pasolini”
Categories: General

 

 

pasolini10aprile2015

“L’apocalisse di Pasolini”.In che modo la tesi di Pasolini sul genocidio antropologico delle classi popolari italiane da parte di un «nuovo fascismo», può aiutarci ad analizzare le nostre società democratiche? In che senso i gironi danteschi di Salò o le 120 giornate di Sodoma ci parlano del “nostro” fascismo quotidiano, del “nostro” inferno? Che cos’è una forma di vita non fascista?

 

Territori e nuovi fascismi

                                                                                                Tutto un neofascismo si sta installando, in rapporto al quale l’antico fascismo fa la figura del folklore […]. Piuttosto che essere una politica e un’economia di guerra, il nuovo fascismo è un’intesa mondiale per la sicurezza, per la gestione di una “pace” non meno terribile, con l’organizzazione concertata di tutte le piccole paure, di tutte le piccole angosce che fanno di noi dei micro-fascisti, impegnati a soffocare ogni volto, ogni parola un po’ forte, nella propria strada, nel proprio quartiere, nel proprio cinema.

Gilles Deleuze

Siamo convinti che non si possa comprendere in modo critico il presente senza confrontarsi con il problema-fascismo. In che cosa il vecchio fascismo differisce dal nuovo?

Il neofascismo dei nostri tempi sembra qualcosa di più difficile da afferrare, e quindi da combattere, rispetto al fascismo tradizionalmente inteso. Non si tratta più solamente di un neofascismo riconducibile a gruppi e organizzazioni ben individuabili e perimetrabili, ci sembra, invece, che il problema consista da un lato nel fatto che una forma di vita fascista sia diventata una tentazione diffusa ma che dall’altro, e più fondamentalmente, abbia trovato aperte le porte degli ambienti popolari.

Il fascismo non è un “mostro”, una escrescenza cancerosa della modernità, ma è parte integrante della storia dello Stato moderno ed è per questo che ancora oggi si presenta come tentazione, come possibilità sempre aperta. In realtà il paradigma securitario che attualmente orienta l’azione governamentale ricapitola in sé l’intera vicenda della politica moderna e lo fa sia estendendosi globalmente che intensificandosi localmente.

Proviamo a capire meglio.

Già dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989 e lo scoppio della guerra in Iraq e in Yugoslavia nel 1990, si era assistito all’emergere di violente pulsioni identitarie che avevano preso, di volta in volta, le sembianze del nazionalismo, del razzismo e del fondamentalismo religioso.

Ma nel decennio successivo si aggiunge un elemento di complessità che rivela l’entrata in un’epoca che possiamo definire quella della guerra civile mondiale che ha determinato ufficialmente il passaggio storico a una nuova forma di governo. Dopo il G8 di Genova e gli attacchi terroristici alle Torri Gemelle dell’11 settembre, infatti, si è assistito ad una proliferazione senza precedenti dei dispositivi securitari: leggi antiterrorismo, detenzione preventiva, “pacchetti sicurezza”, campi d’internamento. Da allora, insomma, sempre più polizia (con un vero e proprio moltiplicarsi delle “agenzie di sicurezza privata”); campagne d’isteria indotta (contro “l’uomo nero”, il “clandestino”, “l’abusivo”); ronde e roghi contro i rom, gli omosessuali; videosorveglianza; produzione a ciclo continuo di campagne mediatiche basate sull’ “emergenza”; tornelli e muri di ogni tipo; uso di armi “invalidanti”, di schedature biometriche.

Il nazionalismo, il razzismo e il fondamentalismo religioso sono così fenomeni di superficie, di quelli che una volta si sarebbero definiti “ideologici”, che mascherano la vera questione al centro dell’epoca: il paradigma securitario come modalità di governo. Ed è proprio questo nuovo paradigma securitario che incrociandosi con la “crisi” rafforza, strumentalizzandole, le nuove organizzazioni fasciste che, oltre a mantenere i loro vecchi, ma sempre efficaci metodi (coltellate e bastonate), cavalcano queste campagne d’isteria indotta facendosi promotori di soluzioni per le presunte emergenze sociali del momento (vedi la loro infiltrazione nei comitati antidegrado nei quartieri), accrescendo in questo modo i loro consensi soprattutto nei territori più marginali e disagiati. Non è un caso che il primo partito francese alle ultime elezioni europee sia stato il Front National che nel suo programma politico insiste sulla priorità dei francesi per l’accesso nelle liste dei disoccupati e delle case popolari e sull’espulsione degli immigrati. Allo stesso modo la pericolosità di Alba Dorata, terza forza politica della Grecia, non sta solo nel suo programma neonazista, né solo negli attacchi da parte dei suoi militanti alle occupazioni, ma anche nell’organizzarsi nei territori, in tempi di crisi, attraverso mense popolari. Ed è sicuramente a questi esempi che si ispira la nuova alleanza della Lega Nord di Salvini con Fratelli d’ Italia e Casapound. Ma la vera questione è che tutti questi partiti e movimenti non sono “fuori” dalla democrazia ma fanno parte interamente del gioco governamentale. Presentandosi invece nelle periferie come la vera soluzione alla crisi, facendo balenare una possibilità di uscita dalla miseria del presente, si pongono come ostacolo concreto ai possibili divenire rivoluzionari.

Detto tutto questo, il pericolo evidentemente non è quello che risorga uno Stato fascista vecchio stile; ciò che dovremmo temere di più è, invece, la generalizzazione della sicurezza come imperativo assoluto che, nella guerra civile mondiale, agisce come elemento di depoliticizzazione. Nel momento in cui la sicurezza diventa “totalitaria”, nel senso che tende a imporsi come paradigma fondamentale dell’azione di governo degli Stati e, al tempo stesso, come desiderio sociale dei cittadini, una vita politica non è più semplicemente possibile: la sola partecipazione prevista è il sondaggio d’opinione e l’adeguamento di ciascuno alle norme di comportamento quotidiano.

Il securitarismo, come inedito regime politico, trasforma la democrazia basata sullo stato di diritto in democrazia d’eccezione, una sorta di fascismo democratico. Oggi, infatti, con la formula “per ragioni di sicurezza”, adottata in ogni ambito, dalla vita quotidiana nei quartieri ai conflitti internazionali, si impone e si giustifica qualunque misura.

La società di sicurezza, basata sul controllo, inventa, moltiplica e inculca angosce e insicurezze che alimentano grandi paure. È così che la sicurezza diviene un desiderio sociale. In questo modo, ad esempio, il governo (a guida socialista) francese è riuscito a capitalizzare la strage di Charlie Hebdo, marginalizzando il Front National pur facendo appello agli stessi valori, cioè la nazione, la Republique e la militarizzazione dei territori. E ancora per questo i cittadini indignati del Pigneto a Roma richiedono al prefetto la militarizzazione del loro stesso quartiere, o, insoddisfatti della Polizia di Stato, desiderano farsi essi stessi polizia, mappando luoghi e orari in cui avvengono traffici illegali, ritenuti responsabili del “degrado” e unica causa dello stravolgimento del loro quartiere. Così, nella società attuale, anche tra chi condivide le stesse condizioni esistenziali, si aprono molteplici fronti di micro-conflitti in cui, per non sentirsi emarginati, bisogna schiacciare coloro che sono ancora più ai margini. Ognuno, nella condizione di isolamento e miseria economica ed esistenziale in cui vive è portato a stanare il diverso individuato come nemico, come negli ultimi fatti avvenuti in Via Morandi nel quartiere di Tor Sapienza a Roma. Questo e non altro è ciò che si è chiamato biopotere.

Se quindi possiamo immaginare una definizione del nuovo fascismo diremmo che esso si presenta come un patto mondiale per la sicurezza, per la gestione di una “pace” angosciante, attraverso l’organizzazione concertata di tutte le piccole paure, di tutte le piccole ansie che fanno di ognuno un “microfascista” pronto a zittire qualsiasi comportamento “inadeguato”, qualsiasi impulso “eccessivo” che possa alterare la normalità. Decenni di pacificazione di massa e di massificazione delle paure hanno fatto del pacifismo la coscienza politica spontanea del cittadino. Pacifisti che consegnano dei rivoltosi vestiti di nero alla polizia: lo si è visto in Plaza Catalunya e in Piazza San Giovanni nel 2011.

Infatti possiamo considerare l’impulso fascista come un dispositivo che penetra nelle relazioni sociali modellandole dall’interno: “Fascismo rurale e fascismo di città o di quartiere, neofascismo e fascismo da vecchio combattente, fascismo di sinistra e di destra, di coppia, di famiglia, di scuola o di ufficio” (Deleuze-Guattari, Millepiani).

Per cogliere la portata delle nuove forme di fascismo è necessario raddoppiare la prospettiva, una più macroscopica, inerente alle grandi strutture di governo, e una prospettiva più specifica, invece, relativa alla postura etica e alla sfera esistenziale. Il problema è sia il fascismo in sé che il fascista dentro di sé.

Il problema delle forze autonome e rivoluzionarie non è tanto e solo il fatto di aver perso, in molti luoghi, il legame con i territori, ma quello di aver smarrito l’asse di orientamento etico, di aver sottovalutato che la questione del “come si vive” è spesso più importante del “di che cosa si vive”. Per dirla banalmente, nessuna rivendicazione economica risponderà mai alla solitudine, alla miseria dei rapporti o al desiderio di determinare il proprio modo di vita. Al contrario, l’impressione è che invece il nuovo fascismo si presenta esso stesso, direttamente, come fonte di socialità, di comunità, di eticità “alternative”.

Oggi tutta una serie di comportamenti, gesti, passioni, desideri, pratiche di potere ci dicono che la tentazione di una forma di vita fascista attraversa una società governata dal paradigma della sicurezza e del rendimento economico. Solo destituendo questo paradigma riusciremo a liberare il terreno dagli ostacoli che si oppongono allo sviluppo di forme di vita più libere e felici.

Allora oggi non si tratta solo di lottare contro i fascisti e le loro organizzazioni, di contestare i loro comizi e rispondere alle loro aggressioni, ma anche di ricostruire i territori, attraverso esperienze di condivisione che sappiano tessere legami solidali e di mutuo appoggio tra chi li abita, di creare una forma di vita autonoma che sia in grado di  restituire la tentazione fascista a cio che è: una terribile illusione.

Il dibattito comincia qui.

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