Fucina 62
Via Ettore Giovenale 62_Pigneto
Preferirei di no!
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Il capo scout della Nazione, Matteo Renzi, ha dichiarato, pochi giorni or sono, a proposito del referendum sulla legge costituzionale: “Se passa il no, non c’è l’invasione delle cavallette, non c’è la fine del mondo: resta tutto così (…) Se vince il no, in Italia non cambia niente ”.Noi pensiamo che molte volte, al contrario di quanto si pensi, capiti che il Governo dica la verità sulla situazione in corso. Questa affermazione è una di quelle volte. Il Governo – inteso genericamente come macchina di gestione del potere – ha molti altri modi, per altro già abbondantemente utilizzati, per imporre leggi, norme e comportamenti, questo referendum serve giusto a rendere più chiaro a tutti, e più semplice a se stesso, il fatto che la concentrazione del potere nelle sue funzioni esecutive è il solo modo di governare un paese all’interno della _governance_ europea. Snellire le procedure, ottimizzare i tempi, perfezionare il comando, questo è il contenuto odierno di ogni politica governamentale in Europa, che sia di destra, di sinistra, di sinistra radicale o di destra estrema il risultato non cambia, non può cambiare. Fin dai tempi di Atene, la democrazia è stato sempre un sistema che ha governato tramite un piccolo inganno, in modo tale che la bilancia pendesse sempre dalla parte dei governanti, quale che sia il loro presunto indirizzo politico. Vincesse ai voti il no alle modifiche costituzionali, tale “vittoria” non impedirebbe all’esecutivo ad esempio di continuare a votare leggi senza passare per il dibattito o la fiducia parlamentare, tanto meno avrebbe una minima possibilità di influire sulle politiche del governo europeo, lo si chiami Troika, UE o European Zombie’s Army. Anzi. È il contrario. Ci si affidasse giusto alla benevolenza della democrazia non succederebbe assolutamente nulla, come ricorda il nostro grillo parlante, con il suo tipico accento fiorentino. E noi, inguaribili cattivi ragazzi, forse dovremmo solo ripetere a questo punto il gesto di Pinocchio, il quale, stanco delle grigie verità dei grilli, la fece finita con una bella martellata. Fare politica a colpi di martello è anch’essa una forma di verità. Non è tanto a Nietzsche che pensiamo, ma alle centinaia di martelli che in Francia continuano da mesi a far cadere vetrine, a disselciare le strade e a distruggere gli enunciati del potere. E poi parliamo un po’ del referendum, di questo dispositivo classico della democrazia diretta. Si è visto come è andata per quello italiano sull’acqua pubblica e ancor di più per quello greco della scorsa estate, il famoso OXI per il quale tutte le sinistre radicali europee erano andate in brodo di giuggiole. Aggiungiamoci anche il recente voto inglese sulla _brexit_. Tutti finiti nel nulla, tutti ingoiati dal ventre bulimico della governance. Il problema non è il quesito in sé, ma è l’azione stessa, il mettere una scheda nell’urna, a contenere l’impotenza fatta sistema. Benvenuti nel deserto della democrazia reale! Comunque, quello che pensiamo, è che tatticamente è ovvio che il primo ostacolo da abbattere sia il governo in carica, non fosse altro per la soddisfazione di abbattere dal basso, con il conflitto, un governo di sinistra e così cominciare a regolare dei conti secolari con questo racket politico – “la sinistra” – che ha sempre le mani sporche del sangue della gente che dice di voler difendere. Renzi, Hollande, Tsipras e via dicendo _sono_ la sinistra. Così come di sinistra fu il governo che schiacciò gli spartachisti in Germania negli anni ‘20 del secolo scorso, come di sinistra erano gli apparati che fecero da diga all’insurrezione italiana negli anni 70. Bisogna cogliere questa occasione per distruggere una volta per tutte anche quest’altro stupido pensiero, cioè che la vera sinistra, come la vera democrazia, sia un tesoro nascosto chissà dove. Ebbene no, la sinistra è ciò che ci governa. Come fare? Francamente troviamo poco convincente il richiamo a un “no sociale”ed il conseguente richiamo alla tattica della “convergenza delle lotte”, che diciamocelo onestamente, si è rivelata più di qualche volta poco praticabile ed efficace. Ci sembra invece, e le lotte più significative che si sono avute nel mondo in questi ultimi anni sono lì a testimoniarlo, che solamente la costituzione di un movimento autonomo che si verticalizzi direttamente a partire da un obiettivo tutto politico, come è la destituzione del governo, ad avere una possibilità di creare un’anomalia nella governamentalità. Un No! senza aggettivi: duro e semplice. Tuttavia sono solamente le pratiche che un movimento si dà a decidere della sua nascita, della sua durata, della sua fine. E sono soltanto le pratiche che, se generalizzate e diffuse nelle diverse lotte particolari, le fanno realmente convergere. Infatti al di là di le mistificazioni di cui sono state vittime, da queste parti, le lotte francesi ci sembra che una cosa si possa dire senza timore di essere smentiti: alla linea dura del Governo corrisponde la linea dura del movimento. È la forza che riesce ad accumularsi nell’approfondimento del conflitto, di _questo_ conflitto, che può dare forza alle diverse lotte che eventualmente sono presenti nei territori. Altrimenti lo scenario è già scritto: i rappresentanti delle lotte, piccole, medie e grandi, che contrattano tra di loro per poi, forse, gestire una contrattazione maggiore direttamente con il potere. Li ricordiamo bene nel recente passato italiano gli “studenti”, quelli bravi e coscienziosi, ricevuti dal presidente della repubblica per mettere termine a una possibilità di conflitto apertosi a Piazza del Popolo, oppure la ripetuta prova dell’impossibilità di generalizzazione di una lotta particolare. La verità è che la politica della rivendicazione è morta tanto tempo fa. La sola cosa che inquieta i poteri è, al contrario, la presenza di qualcosa che si distingue per l’assenza di una qualsiasi rivendicazione sulla quale far leva, come fu il caso della rivolta delle _banlieues_ nel 2005, quello delle rivolte e insurrezioni del 2010/2011, quella attuale contro la Legge “Lavora!” in Francia. Come scriveva un tizio cinquanta anni fa bisogna costringere “loro” a fare le richieste, per poi rifiutarle. Strategicamente la sola cosa comune, oggi, in Europa, è la diffusa voglia di _exit_. L’uscita dalla “crisi” non è possibile se non attraverso l’uscita dal Governo, questo ci pare il solo _common_sense_ che nei nostri paesi sia davvero diffuso trasversalmente, anche se spesso in modo confuso o velleitario. Il nostro No! non viene accompagnato da una democratica alternativa, ma fa brillare una uscita dal presente, dal mondo così come è. E in questo senso sì allora, ci sarebbe l’invasione delle cavallette, il terremoto del sociale, la fine del loro mondo.

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